Semplicità non è semplificazione

I recenti fatti di cronaca e alcuni fatti personali mi hanno fatto pensare ai rischi della semplificazione.
E’ facile cedere alla tentazione di bollare i comportamenti che non rientrano nella nostra visione del mondo con un’etichetta che li cataloga senza sfumature.
Affibbiare a certi comportamenti un marchio dà la sensazione di poter isolare il fenomeno e porlo lontano da noi. Eppure talvolta la distanza più veloce tra due punti non è una linea retta, ma una curva capace di includere storie e contesti che, se si ha fretta di arrivare ad una conclusione, non si colgono.
Le parole pesano; soprattutto se vengono dette non nella riservatezza di una stanza ma in piazza, tra la folla, perché come canta Daniele Silvestri, Il numero è importante – dà peso alle parole – Per questo tu ogni volta prima pensale da sole – E se ci trovi il minimo indizio di violenza – Ricorda che si eleverà all’ennesima potenza.
Semplificare è una tentazione spesso irrinunciabile perché costruisce argini ad una realtà che può essere dirompente e disordinata.
Di recente ho letto un libro bellissimo che parla della vita del più celebre tassonomista americano, David Starr Jordan. Chi ne parla, l’autrice del libro, arriva a lui affascinata dal suo tenace e caparbio tentativo di mettere ordine al caos. Anche quando i pesci da lui trovati, catalogati e riposti in teche si frantumano a terra durante un terremoto perdendo le etichette che erano state a loro associate e facendoli rimpiombare nel caos di ciò che non ha nome, non si da per vinto. Ricomincia daccapo inventando un nuovo sistema di etichettatura che rimanega attaccato al corpo dei pesci anche nei casi di caduta o rottura della teca. Non ci si può arrendere di fronte al caos che dilaga, occorre continuare ad opporre una strenua resistenza.
E allora si organizza, si nomina, si fa ordine e la sensazione di controllo sul potere degli elementi si fa concreto e dà pace. Ma nella storia del libro, così come nella realtà delle cose, la semplificazione è utile solo se si continuano a considerare quelle categorie un principio organizzatore; non l’essenza del vero. Le mappe sono utili, ma la mappa non è il territorio*. Ossia l’organizzazione che noi facciamo della conoscenza del mondo non coincide con il mondo e confondere le due cose conduce a pericolosi estremismi.
Le cose sono più complesse di così.
Di fronte alla deriva della semplificazione che porta a gridare pieni di convinzione la verità sopra a tutto e tutti occorre opporre la forza di un dipende.
Il dipende è frustrante perché costringe a stare ad ascoltare il resto quando la furia tassonomista implora un sì o un no, un bianco o un nero, una diagnosi chiara di un certo comportmento. Il dipende invece fa considerare le cose secondo una molteplicità di aspetti che la rendono molto più profonda e complessa. E per questo faticosa.
Quando cediamo al tentativo di bollare come matto o sano, giusto o sbagliato un comportamento stiamo escludendo qualcosa che potrebbe non essere accessorio, ma essenziale.
E non penso sia il fascino del relativismo, ma amore per la conoscenza che aggiunge invece di togliere.
E’ così facile dirlo anche per le relazioni tra le persone: A è un carnefice, B una vittima. Lui un matto, lei una santa. Uno determina, l’altro viene determinato. Se prendiamo solo un’istantanea di un fatto vedremo sempre e solo una verità parziale.
Questo non significa non arrivare mai ad un giudizio, una valutazione, un’opinione, ma avere il coraggio di aggiungere profondità e complessità, per poi giungere ad una sintesi che non è semplificazione, ma semplicità.
La semplicità non è un punto di partenza, è piuttosto un punto di arrivo, un “sapere ultimo” che si può ottenere solo entrando in confidenza con il suo opposto: la complessità.
Senza padronanza della complessità la semplicità nell’analisi dei problemi, nella definizione di soluzioni, nella presa di decisioni, nella ricerca del cambiamento non si risolve in altro che in semplicismo.
Il pensiero semplice, al contrario, è un pensiero che non solo lascia intendere, ma che aiuta a intravedere. Semplicità è immediatezza, lucidità, visione. Anche la semplicità non si raggiunge per pura e consapevole raziocinio: è un fatto di creatività, frutto della tolleranza con un po’ di caos, mentre la semplificazione è l’approssimazione che nasce dalla paura.
E mi viene in soccorso di nuovo una canzone. Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior.
*concetto reso famoso da Alfred Korzybski, ingegnere e filoso polacco e ripreso da Gregory Bateson in Mente e Natura. Adelphi, Milano. 1979.