La quarantena toglie, la quarantena dà

Più di una persona mi ha confessato, con tono di voce calante e locuzioni che presagivano asserzioni inaspettate e controcorrente, che questa quarantena se la sta godendo e quasi teme il ritorno alla normalità.
Persone che non si sarebbero mai imposte una dieta dal mondo di più di un mese ma che, dovendosi adattare a condizioni insindacabili e necessarie hanno scoperto, nel perimetro di quelle restrizioni, lande sconfinate di concessioni a sé stesse negate in precedenza per mancanza di tempo, ritmi di vita, presunta sconvenienza o, semplicemente, abitudine.
Senza stravolgimenti di vita o prese di posizione personali da dover spiegare, si sono visti autorizzare ritmi casalinghi fatti di abitudini rassicuranti, famigliari, lente: la casa, i propri affetti, letture, silenzio, una quotidianità di piccole cose fatte bene.
All’interno di regole che non si discutono si possono trovare o ritrovare consapevolezze. Quelle che prendono forma da frustranti privazioni così come da paradossali concessioni.
Così come la mia dirimpettaia parla con nostalgia degli sconti nel supermercato dall’altra parte della città, quello che si raggiunge con quasi un’ora di diciotto e a cui ora non può andare, c’è chi si gode, come un lusso, la possibilità di azzerare il calendario degli eventi in programma, mettersi a lavorare dal tavolo di casa e scomparire in un libro nel week-end.
Immagino che la sig.ra Lucia (nome di fantasia, ca va sans dire) aveva, nello spostamento di un’ora di tram per raggiungere il supermercato, un tassello importante della sua settimana. Ora le manca e, terminata la quarantena, oltre che tornare con rinnovato entusiasmo alle agognate promozioni, saprà che stare un’ora in tram a guardare fuori dal finestrino la città le piace.
Le piace potersi allontanare da casa, sola, scegliere dove andare, far quadrare i conti, cucinare piatti buoni, spostarsi sulle sue traiettorie.
Lo sapeva anche prima, ma dirlo era superfluo, un po’ come dire che ci piace avere i marciapiedi su cui camminare o gli interruttori per accendere e spegnere le luci in casa.
La fine della quarantena ci troverà edotti sulle cose che ci mancano ora, ma produrrà in molti di noi anche più consapevolezza di ciò che mancava prima.
Tutti coloro che stanno vivendo, nelle imposizioni che non avrebbero osato, potuto o immaginato darsi, la possibilità di godersi fino in fondo le cose di casa e, nella lentezza, stanno riscoprendo cosa serve loro per stare in equilibrio: far esercizio fisico, leggere, aiutare i figli a fare i compiti, preparare un piatto che esige tempi lunghi, stare, anche senza fare.
Perché prima non era possibile?
Forse lo era ma, come la rana che gettata nell’acqua calda improvvisamente salta via ma, se immersa in un liquido che si scalda progressivamente si ritrova cotta per progressivi adattamenti, così, nel pentolone della routine, assuefatti dalla frenesia di ritmi consueti, ci si dimentica di avere delle alternative.
E quando non ce ne si dimentica le si immagina come doni frutto di un entità superiore che arriva a imporre altre regole del gioco.
Il corona virus nella sua tragicità, rientra da questo punto di vista, nella categoria “deus ex machina” e sta facendo questo: intervenire dall’alto a dettare regole senza troppe spiegazioni, con tono autoritario e minaccioso.
Ci ha messo in riga tagliando via dal menù un bel po’ di portate.
Immaginando e sperando che non sia una soluzione invocabile con frequenza, penso sia utile, soprattutto per chi sta trovando nella sottrazione imposta dalla quarantena nuovi e inaspettati equilibri, pensare a come goderne senza invocare una pandemia.
Nel quotidiano delle nostre vite purtroppo le alternative non sono sempre a portata di mano.
Si trovano oltre la china di un cambiamento e cambiare, quando siamo in quell’acqua in cui si sta a galla spossati e accaldati, è difficile.
Anche immersi fino al collo in abitudini disfunzionali o nocive, per immaginare un cambiamento si arriva a desiderare l’intervento di un’entità superiore che imponga restrizioni tali da non permettere di perpetrare quel comportamento, scelta o relazione che lentamente ci cuoce, piuttosto che immaginare di arrivarci per scelta consapevole.
La quarantena è una dieta dalle esperienze che eravamo soliti fare. Ci siamo privati di molti degli alimenti non strettamente necessari.
Nel tornare ad aggiungere, auguriamoci presto, ingredienti alla nostra dieta di vita, sapremo che non tutti hanno lo stesso sapore, che ce ne sono alcuni più ghiotti, altri più nutrienti e alcuni che potremmo anche decidere di non re-introdurre perché non ci fanno bene e ora ne abbiamo le prove.
Di questo tempo potremmo portarci dietro il sollievo di sapere che le cose possono cambiare per motivi di salute pubblica, ma anche per motivi di salute personale.