A cosa serve la nostalgia?

Dai 16 anni ad oggi non ho mai cambiato taglia. Oscilla tra la 40 e la 42 da tutta la vita. Oltre a ciò, mi affeziono agli oggetti, in particolar modo a quelli che indosso. Ci sono abiti che mi accompagnano da decadi.
Ne è conseguenza che dedicarmi al cambio di stagione, cosa che ho fatto questa settimana, equivale a fare un viaggio nei ricordi.
E ho una memoria fotografica. Ogni ricordo della mia vita è abbinato ad un’immagine e gli abiti sono il feticcio a cui rimane attaccato il gusto di molti miei giorni.
È solo in parte una questione di vanità femminile. Non mi interessano i cosmetici, ad esempio. I gioielli men che meno. Ma gli abiti vestono letteralmente ogni mio ricordo e il cambio di stagione rappresenta per me l’equivalente di quello che accade nei film datati, quando qualcuno mette uno di quei video scoloriti e intermittenti con bambini e sorrisi.
I pantaloni di lino giallo comprati a Berlino. Il vestito a righe indossato a quel matrimonio. Le due gonne rosa, quasi identiche, comprate insieme perché chi era con me non sapeva quale consigliarmi, ed io neppure. I pantaloni neri che indossavo l’ultima volta che sono stata a Londra. La gonna regalata da un’amica che pensava che il colore sarebbe stato meglio a me. Non la sento da una vita. Chissà come sta?
La stanza intorno scompare mentre sul mio letto si accumulano indumenti. Vengo sbalzata in una macchina del tempo dove facce, luoghi e persone del passato tornano a fami visita ammantate dal fascino e tormento del passato.
Desiderio acuto di tornare a vivere in un luogo che è stato di soggiorno abituale e che ora è lontano. Per estensione, stato d’animo melanconico, causato dal desiderio di persona lontana o di cosa non più posseduta, dal rimpianto di condizioni ormai passate, dall’aspirazione a uno stato diverso dall’attuale che si configura comunque lontano.
La Treccani definisce così la Nostalgia.
E’ un sentire persistente, dolce e doloroso al tempo stesso. Si fa quasi tangibile il senso di ciò che non c’è più e prendono punti i titoli dei giorni e anni passati nella borsa valori della nostra anima.
Strugge l’idea che la macina del tempo triti tutto, ma tra i suoi ingranaggi perpetui ciò che esce dal lavorio sono pietre preziose la cui luce dà senso all’assenza.
Che tortura piegare le magliette, mettere via i cappotti, infilare pantaloni nelle grucce con la compagnia costante di ciò che, per sua costituzione, non può più essere. Il passato.
Come sempre accade, anche per i sentimenti più negativi, non è con la forza che si scacciano, ma dando loro spazio per esprimersi e modo di dirci tutto ciò che ci devono dire. A quel punto esauriscono la loro carica virulenta, smettono di bullizzarci e possono essere avvicinati con curiosità.
Curiosità che mi fa chiedere con tono filosoficamente pragmatico “A cosa serve la nostalgia?”
Termine che deriva dalla combinazione delle parole greche “álgios” e “nóstos“, ovvero “dolore” e “viaggio“, che nasce per dare conto di quello stato d’animo persistente con cui tornavano i soldati svizzeri di stanza in Francia e che venne scambiata per vera e propria malattia psichica.
Una parola che prende forma dalla necessità di battezzare il sentire del viaggiatore che desidera ritornare a un luogo ricordato con affetto.
Qual è il senso di questo viaggio nella valle dei templi della nostra storia?
Capitelli, foglie d’acanto, timpani e architravi a ricordarci fasti di un tempo che abbiamo abitato.
Ed è il ricordo della Valle dei Templi di Agrigento a darmi un suggerimento (gita della seconda superiore, jeans a vita alta e un giubbotto di mio fratello per sentirmi più grande).
Il senso è ricordare da dove veniamo e dare coerenza alla nostra storia. Trasformarla in narrazione per dare continuità ad un racconto dove ad un certo punto compariamo noi. Intenti a piegare magliette e prossimi alla fabbricazione di altri ricordi che prima di diventare tali saranno esperienze e daranno emozione.
Passare in rassegna i ricordi di una vita fa male, ma serve. Ci fa ricordare chi siamo e chi siamo stati. Cosa indossavamo e continueremmo ad indossare. Cosa non indosseremmo più, anche se non ce ne riusciamo a liberare. Cosa abbiamo saputo re-inventare. Cosa è stato in disuso per molto tempo, ma poi torna di moda.
La nostra moda, quella che prende piede dentro di noi e che ci fa venir voglia di uscire ancora per dare senso di esistere a ciò che nel chiuso di un armadio prenderebbe solo polvere.
La nostalgia serve ad aver voglia di viaggiare ancora perché madreperle coralli ebano e ambre si trovano solo viaggiando e non tra gli scaffali polverosi di un armadio.